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In questa sezione è riportata la normativa vigente che ha, per vari motivi, attinenza con la privacy:

Estratti dal Codice Civile e dal Codice penale

 

 

Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro

 

 

Statuto dei diritti dei lavoratori

Ricordiamo sempre che il testo riportato può essere difforme da quello vigente, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana: solo il testo cartaceo emesso da quest’ultima ha valore legale.

Potete accedere ad un singolo paragrafo selezionandolo dall’elenco o facendo scorrere la pagina. Al termine di ogni paragrafo potrete ritornare qui premendo INIZIO

 

I CODICI CIVILE E PENALE E LA PRIVACY

 

Il Decreto Legislativo 196 del 30 giugno 2003 (Codice Privacy) contiene i riferimenti ad alcuni articoli dei Codici Civile e Penale.

 

Il Codice Civile è richiamato nella Parte I – Disposizioni generali, Titolo III – Regole generali per il trattamento dei dati, Capo I – Regole per tutti i trattamenti, all’art. 15 (Danni cagionati per effetto del trattamento) che cita il seguente articolo:

 

Art. 2050 - Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose.

Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

 

L’attività di trattamento dei dati personali è qualificata dalla Magistratura come attività pericolosa, disciplinata dal codice civile, salvo che il fatto non costituisca reato penale.

L’interessato deve limitarsi a provare di aver subito un danno a causa del titolare del trattamento, mentre quest’ultimo deve dimostrare di aver osservato tutte le norme previste dalle leggi e suggerite dalla diligenza.

Ciò è molto difficile da provare poiché l’illecito che ha causato il danno è, nella maggior parte dei casi, frutto di una lacuna nei sistemi di sicurezza, salvo i casi di forza maggiore. Quindi si configura, anche secondo una sentenza della Corte di Cassazione, la “responsabilità oggettiva” del titolare, ed il giudice è tenuto a valutare solo il nesso causale tra fatto illecito e danno provocato.

L’art. 15 del Codice Privacy stabilisce che deve essere liquidato sia il danno patrimoniale (danno procurato e minori introiti) che quello non patrimoniale (danni morali e biologici).

 

Il Codice Penale è richiamato nella Parte II – Disposizioni relative a specifici settori, Titolo I – Trattamenti in ambito giudiziario, Capo III – Informatica giuridica, all’art. 52 (Dati identificativi degli interessati), comma 5, che cita il seguente articolo:

 

Art. 734-bis – Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale

Chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l’arresto da tre a sei mesi.

 

Questo è un reato tipico dell’attività giornalistica radio-televisiva. Purtroppo l’esiguità della pena, peraltro spesso commutata in sanzione pecuniaria, non facilita la lotta contro questo crimine.

Inoltre il Codice Penale è richiamato nella Parte II – Disposizioni relative a specifici settori, Titolo X – Comunicazioni elettroniche, Capo I – Servizi di comunicazione elettronica, all’art. 132 (Conservazione di dati di traffico per altre finalità), comma 4-quater, che cita il seguente articolo:

 

Art. 326 - Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a se o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

 

Questo è un altro reato correlato all’attività giornalistica. I giornalisti si appellano al diritto di cronaca ed alla segretezza della fonte. La magistratura si arrende di fronte alla fuga incontrollata di notizie dai suoi archivi, ed, indirettamente, la favorisce non applicando le misure minime di sicurezza richieste dal Codice Privacy, come è stato riscontrato dallo stesso Garante in un'indagine presso il Tribunale di Roma.

Le norme esistono, ma in questi casi, difficilmente vengono applicate.

 

Ulteriori articoli del Codice Penale, anche se non citati esplicitamente nel Codice Privacy, vengono applicati nei procedimenti per violazioni della privacy, in particolare quelli relativi ai cosiddetti “crimini informatici”.

 

Se desiderate leggere il testo di questi ed altri articoli correlati del Codice Penale premete QUI

 

INIZIO

 

IL TESTO UNICO SULLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

 

Il 30 aprile 2008 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 il Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, in attuazione dell’art. 1 della Legge n. 123 del 3 agosto 2007, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei posti di lavoro, denominato Testo Unico sulla Sicurezza nei posti di lavoro” o “TUSL”. Esso entrerà integralmente in vigore il 26 aprile del 2010, abrogando varie leggi e decreti, tra cui la storica Legge 626 del 19 settembre 1994.

Il legame tra il Testo unico sulla Sicurezza nei posti di lavoro ed il Codice Privacy va ricercato nell’attuazione delle misure di sicurezza aziendali: osservare le norme del primo mette al sicuro l’azienda per quanto riguarda il contesto ambientale ed è un buon punto di partenza per attuare le norme del secondo.

 

Il Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 (TUSL) contiene parecchi riferimenti al Codice Privacy:

·       l’art. 1 (Finalità), al comma 3, stabilisce che “gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi” del TUSL devono essere conformi al Codice Privacy;

·       l’art. 8 (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro - SINP), al comma 3, definisce l’INAIL come titolare del trattamento del SINP e, al comma 7, impone che l’accesso ai dati e la loro diffusione avvenga secondo le norme di cui al Codice Privacy;

·       l’art. 25 (Obblighi del Medico competente), al comma 1, richiede che la comunicazione dei dati al datore di lavoro, lettera d), ed all’ISPELS, lettera f), avvenga secondo le modalità previste dal Codice Privacy;

·       l’art. 50 (Attribuzioni del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza), al comma 6, obbliga il RLS all’osservanza di quanto previsto in merito dal Codice Privacy;

·       l’art. 53 (Tenuta della documentazione), al comma 4, stabilisce che tutta la documentazione, sia in formato elettronico che cartaceo, deve essere custodita secondo le norme previste dal Codice Privacy;

·      l’art. 243 (Registro di esposizione e cartelle sanitarie), al comma 7, ribadisce che i registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi secondo le norme di cui al Codice Privacy.

 

Se siete interessati a leggere il testo del D.Lgs. 81/2008, premete QUI

 

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LO STATUTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI

 

Il 27 maggio 1970 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 la Legge n. 300 del 20 maggio 1970, contenente le “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e nell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, noto come Statuto dei diritti dei lavoratori”.

Il legame tra lo Statuto dei diritti dei lavoratori ed il Codice Privacy sta soprattutto nel trattamento dei dati dei lavoratori e nell’osservanza delle misure di sicurezza: il primo è ampiamente discusso in appositi provvedimenti del Garante e la seconda deve sempre conciliare i diritti del lavoratore con le esigenze di sicurezza dell’azienda.

In particolare, il Codice Privacy richiama i seguenti articoli della Legge n. 300 del 20 maggio 1970:

 

ART. 4. (IMPIANTI AUDIOVISIVI)

E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.

Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.

Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.

Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.

 

Nota:   L’Ispettorato provinciale del lavoro ha assunto la nuova denominazione di Direzione Provinciale del Lavoro (DPL)

 

ART. 8. (DIVIETO DI INDAGINI SULLE OPINIONI)

E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.

 

Il primo, richiamato dall’art. 114 del Codice Privacy, si riferisce agli obblighi del datore di lavoro nell’installazione e gestione degli impianti di videosorveglianza e di accesso ad aree aziendali, mentre il secondo, richiamato dall’art. 113 del Codice Privacy, è relativo al divieto di indagini sulle opinioni dei dipendenti, che sono definite “dati sensibili” dall’art. 4, comma 1, lettera d), dello stesso.

 

Se siete interessati a leggere il testo della Legge 300/1970, premete QUI

 

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Fonti bibliografiche

 

dbase.ipzs.it          Poligrafico dello Stato - GURITEL

www.lavoro.gov.it  Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali

www.parlamento.it Parlamento italiano

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